L’albero della vita e il paradiso perduto. Il trecento riminese tra simboli e paesaggio 

L’Albero della Vita è un simbolo universale, trasversale a popoli di epoche, religioni e filosofie diverse, che non manca di affascinare per la profondità dei significati che si nascondono tra le sue fronde. Il suo nome richiama nel nostro immaginario principalmente il racconto biblico del giardino dell’Eden ma la sua figura si fonde con l’Albero del Mondo, l’Albero cosmico o l’Albero della Creazione menzionato in antiche tradizioni spirituali di tutto il mondo. Ma qual è il suo significato?

Alessandro Giovanardi esplora il significato profondo e simbolico dell’Albero della Vita e svela come le percezioni culturali, spirituali e artistiche dell’epoca siano state influenzate e rappresentate attraverso questo potente simbolo, in particolare attraverso l’attività dei pittori medievali le cui botteghe fiorirono a Rimini, all’alba del Trecento, in concomitanza con l’arrivo di Giotto e si esaurì alla metà del secolo, stroncata probabilmente dall’ondata di Peste Nera del 1348 di provenienza asiatica. Nell’ambito della “scuola” furono attivi pittori, frescanti e miniatori. I loro nomi sono quelli di Neri, Giovanni, Giuliano, Zangolo [Giovanni Angelo], Francesco, Pietro, Giovanni Baronzio, tutti maestri “da Rimini” al servizio per lo più dei nuovi ordini mendicanti ma anche di famiglie monastiche già consolidate come Agostiniani, Domenicani e Benedettini.